
L'Amiata e i suoi Borghi
Monte Amiata e i suoi borghi
L’Amiata è una terra complessa che si estende tra la Val d’Orcia e la Maremma del sud, un centro di vita e cultura molto variegato e bello. Il Monte Amiata ha tanti volti c’è chi si reca qua per sciare sulle sue piste a 1738 metri, chi si reca in questo luogo per cercare un contatto più sincero con la natura e chi è attratto dalla storia dei suoi borghi Santa Fiora, Arcidosso, Pian Castagnaio e Abbadia San Salvatore. Questa montagna è anche ricca di parchi da visitare come l’Oasi WWF Bosco Rocconi e la Riserva Naturale del Monte Penna nei quali trovano protezione cervi, caprioli, cinghiali, lepri e molti rapaci.
Situato a 1400 metri di altitudine immerso nei faggi si trova l’Indiana Park Amiata un parco avventura di due ettari nel quale cimentarsi in particolari percorsi: il Bike Park è studiato per gli appassionati di enduro trails, mentre percorsi “aerei” sono strutturati per ogni fascia di età e permettono “volare” tra gli alberi aggrappati a liane e di stare in equilibrio su ponti tibetani che toccano fino a 12 metri di altezza.
L’Amiata è anche un luogo in cui la parola relax non è assolutamente trascurata anzi questa montagna è un’importante meta termale data la sua origine vulcanica. I Bagni di San Filippo con i suoi caratteristici depositi di calcare sono una fra le attrazioni più gettonate del territorio.
I borghi dell’Amiata: la bella Santa Fiora
Santa Fiora è nota con l’appellativo di paese dell’acqua in quanto porta il nome di uno dei fiumi più importanti del territorio il Fiora. Citata per la prima volta in un documento risalente all’890 d.c questo borgo è stato un dominio dei conti Aldobrandeschi fin dal X secolo. Questo fu il più importante possedimento per la famiglia comitale che riusci a resistere per anni ai numerosi tentativi di conquista da parte dei senesi.Nel 1439 il paese passò agli Sforza e nel 1633 sotto il controllo di Firenze.
Cosa vedere a Santa Fiora
La città è situata sul versante meridionale del Monte Amiata, l’abitato si sviluppa su di un colle di trachite ed è diviso urbanisticamente in tre terzieri: Castello, Borgo e Montecatino. Il rione del castello è la zona più antica della città nella quale si trova una piazza medievale dominata dai resti delle antiche fortificazioni aldobrandesche, la torre, i basamenti a scarpa e la torre dell’orologio e dal cinquecentesco palazzo dei Conti Sforza Cesarini. Questo edificio è oggi la sede del comune di Santa Fiora e al suo interno sono conservati affreschi della scuola del Cavalier D’Arpino. Una parte della struttura ospita il museo delle Miniere di Mercurio una attenta riproduzione delle tecniche utilizzate nella storia per l’estrazione del mercurio. Altro luogo che consigliamo di visitare è la pieve di Santa Flora e Lucilla nel quale è esposta una delle maggiori collezioni al mondo di “Robbiane” ovvero delle terrecotte invetriate realizzate da Luca e Andrea della Robbia; uno raro esempio di arte fiorentina presente su un territorio culturalmente a prevalenza senese. All’interno del rione il terziere consigliamo andare a vedere gli affreschi e il crocifisso ligneo del 1400 contenuti nella piccola chiesa intitolata a Sant’Agostino risalente al XIV secolo. Mentre presso la contrada di Montecatino, a cui si giunge superando la porta di San Michele, si trova la Pescheria cinquecentesca di Santa Fiora. Si tratta in realtà di un semplice “bacino di raccolta delle acque” che in origine era utilizzato come vivaio di trote dagli Aldobrandeschi e che in seguito divenne parte del parco giardino rinascimentale voluto dagli Sforza
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I borghi dell’Amiata: Arcidosso
Arcidosso si trova tra le province di Grosseto e Siena e il suo nome viene citato per la prima volta in un documento del 4 marzo 1860. L’etimologia del nome con tutta probabilità deriva dai sostantivi latini arx e dossum che significa fortezza e dosso. Il caratteristico paese amiatino, a partire dal XII secolo, subì il dominio degli Aldobrandeschi, nobile casata della contea di Santa Fiora, che lo fortificarono ed eressero il castello che porta il loro nome.
Nel 1331 il condottiero Guidoriccio da Fogliano, a capo dell’esercito senese, mise sotto assedio il paese, che fu alla fine annesso ai territori della Repubblica di Siena il cui dominio durò fino al 1559. Arcidosso successivamente passò ai Medici di Firenze che nominarono in loco un capitano di giustizia. Il borgo inoltre ottenne anche il riconoscimento di “capitale” amministrativa dell’Amiata e ricevette le visite dei Granduchi Cosimo II nel 1612 e Leopoldo II nel 1842. Nel periodo di sudditanza al Granducato di Toscana Arcidosso vantò il primato demografico arrivando ad una popolazione di circa 12.000 abitanti, il quadruplo del capoluogo di provincia Grosseto e negli stessi anni in seguito alla costituzione dello Stato italiano la città divenne anche sede di Pretura. Arcidosso è un luogo di fede conosciuto a livello in primis per il movimento Giurisdavidico fondato da David Lazzaretti noto come il “profeta dell’Amiata” e per la presenza nelle sue campagne della comunità tibetana Merigar West.
Le bellezze di Arcidosso
A dominare il centro storico di Arcidosso c’è il castello Aldobrandesco edificato intorno all’anno 860 dalla famiglia comitale di cui porta il nome. Negli stipiti delle porte della rocca e sui muri sono presenti alcuni graffiti che secondo alcuni sussurrano storie di Templari. La fortezza Aldobrandesca è anche la sede del Centro di Studi Davide Lazzaretti, nel quale attraverso documenti e raffigurazioni del volto del “profeta dell’Amiata” il mistero prende nuovamente vita e si ripropone alle generazioni avvenire. Altro luogo simbolo di Arcidosso è il MACO: il museo di arte e cultura orientale. Raggiungerlo è molto semplice basta uscire dalla rocca ed entrare nella cancelleria del palazzo settecentesco difronte alla fortezza e in un attimo ci si trova catapultati nel tempio Jokhang di Lhasa. Il MACO è il frutto di oltre 35 anni di collaborazione tra il comune di Arcidosso e l’Associazione Culturale Comunità Dzogchen di Merigar. Il progetto è nato dalla volontà di entrambe le istituzioni di dare luce e trovare una casa per la ricca collezione di oltre 5.000 oggetti d’arte orientale e reperti etnografici della Collezione Namkhai.


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